Con il mare in tempesta e con la nave sotto il tiro nemico, servirebbe un equipaggio in assetto da guerra permanente (e dopo Siviglia non è più così) e con al timone un comandante operativo e esperto, che conosca bene quelle correnti e quei mari. Invece navighiamo a vista, sotto costa (quindi esposti e prevedibili) perché non abbiamo nessuna esperienza al timone per affrontare una situazione talmente difficile.
Una sensazione di una nave alla deriva che ci accompagna in questo lungo viaggio, da quel maledetto giorno di Juventus-Napoli quando Giuseppe Marotta ci sorprese e si presentò ai microfoni e ammise di essere stato cacciato malamente senza una spiegazione.
I 40enni, più che ammiragli, una volta preso il largo, sono parsi comandanti di piccoli cabotaggi, che con manovre al limite del piratesco, ci hanno messo alla berlina, ci hanno portato in un golfo dalle acque perigliose, esposti dal fuoco nemico. Uscire da quelle acque indenni non è facile, andare a sbattere e affondare è un attimo.
Sia chiaro, chi sta conducendo la nave ora merita rispetto perché il grado di difficoltà è altissimo, è stato messo al timone da solo senza conoscere quei mari perigliosi, l’unica cosa che può fare è evitare di prendere uno scoglio, ma dovrebbe essere aiutato.
Su Agnelli bisogna aspettare la Sentenza della CGEU
Fuori di metafora: prima di tutto su Agnelli – da semplice e appassionato tifoso – esprimerò un giudizio definitivo solo una volta letta la Sentenza sulla Super Lega, per il momento rimangono i 9 scudetti consecutivi, un risultato straordinario ottenuto da un gruppo dirigente pazzesco.
Vedremo se questo travaglio della SL è servito a qualcosa di importante. Potrebbe anche essere una chiusura della sua gestione trionfale o tragica, a questo punto non vedo mezze misure.
La mossa di Calvo: importare competenza (Giuntoli)
Un Direttore Generale esperto di calcio e Serie A serviva da gennaio, oggi è già tardi.
Francesco Calvo si sta rivelando un buon manager anche sotto l’aspetto della gestione dell’area sport dal punto di vista delle strategie a lungo termine. Con l’assenso della Proprietà (Elkann) ha fatto quello che andava fatto: scardinare le resistenze interne e le menti conservatrici che durano dai tempi di Sarri (menti intrise di catenacci vari) per importare competenza e conoscenze tecniche all’interno della Juventus (Giuntoli).
La mossa di Giuntoli (che a prescindere dalle smentite di facciata dei protagonisti) ha scatenato la reazione di Allegri che, una volta persa questa guerra interna, è andato definitivamente in tilt purtroppo.
Mettere Giuntoli al centro del progetto con un contratto di 5 anni, è la mossa che deve fare un manager bravo e Calvo, a prescindere dalle dichiarazioni sbagliate sui processi (“è acqua passata”), ha fatto scacco al re e alla regina. E’ un buon inizio.
Ma sia Calvo che Giuntoli non bastano.
E’ necessario un d.g. “politico” specializzato
Prima di tutto ci vuole un direttore generale politico come lo era Marotta. Elkann ha cercato Beppe per almeno 2 volte. Il problema è che Marotta, che influenza il palazzo, sa benissimo che se ritorna alla Juve rischia grosso. Conosce certi meccanismi della giustizia sportiva a orologeria. E Beppe ha quindi detto “no grazie!”.
E chi sottovaluta l’esperienza e la competenza di Marotta vi cito una riflessione che Luca Bianchin, giornalista della Gazzetta, ha fatto a Momblano su Juventibus. Bianchin ha seguito la Juve per quasi 5 anni dalla Continassa: “Marotta è quello che quando la squadra mercato va su un giocatore, lui non lo osserva ma alza il telefono e chiama 10 suoi contatti” e capisce se c’è sotto qualcosa, se il ragazzo ha problemi fisici o fuori dal campo, che persona è. Quello che ha sempre fatto Moggi.
Come mai Paratici quando c’era Marotta non sbagliava un acquisto e da solo ha commesso errori fatali pagando a caro prezzo giocatori che non hanno reso?
Per questo dico che Marotta è stato sempre sottovalutato dai tifosi bianconeri che hanno il dente avvelenato perché è andato all’Inter.
Un d.g. esperto per i rapporti istituzionali e la gestione
Serve un direttore generale che sia rispettato in Lega e FIGC, che conosca tutti e sia operativo sia in sede che nello spogliatoio. Scanavino è senza dubbio un ottimo manager ma è già amministratore delegato di GEDI, come può essere operativo per la Juve? Chi conosce nel calcio e all’interno della UEFA?
Dicono che sia veramente un manager preparatissimo ma, per i suoi impegni, può al massimo supervisionare.
In Italia l’alternativa importante è Carnevali come direttore generale. A Sassuolo non ha mai fatto mercato direttamente osservando i giocatori, si è sempre affidato a Giovanni Rossi (altro candidato per la Juve) ma ha organizzato perfettamente la società (anche grazie a una proprietà top). Il suo problema è che potrebbe entrare in conflitto permanente con Giuntoli, nonostante Carnevali abbia delle ottime relazioni politiche nelle istituzioni sportive. Sarebbe quindi l’ideale solo se dovesse arrivare Rossi.
Giuntoli d.g./d.s con Nasi Presidente?
L’alternativa potrebbe essere anche quella di affidare la direzione generale a Giuntoli (ma il rischio è di ripetere l’errore fatto con Paratici) ma solo con una Presidenza forte con una delega ampia dal punto di vista politico, come lo era Agnelli. Ovvero mettere su quella sedia solo una persona: Alessandro Nasi, vice presidente di Exor, direttamente coinvolto nella parte operativa politica, aiutato da Francesco Calvo (che ha esperienza anche con Barcellona e Roma).
Nasi è l’uomo emergente e forte intenro alla famiglia Agnelli, rappresenta uno dei rami più importanti.
L’organigramma per una Juve forte
In quel caso Nasi presidente, Alessandro Del Piero vice (delega ai rapporti con la squadra e al supporto con Giuntoli sulla parte tecnica come Maldini con Massara), Calvo (CFO e con deleghe anche sul marketing) e Giuntoli DG/DS, con Maurizio Scanavino che rimarrebbe amministratore delegato come uomo di fiducia di Exor per controllare i conti.
Il buon Gianluca Ferrero a capo di un comitato di sicurezza e garanzia (visto i recenti problemi) per fare in modo che vi sia la massima fluidità comunicativa e chiarezza tra il club e la CONSOB e i revisori dei conti e le società di certificazione. Con un potere di veto anche su certe operazioni troppo onerose.
Sarebbe già un organigramma molto ambizioso, senza dubbio degno di una Juventus competitiva e soprattutto potente sotto il profilo politico.
L’idea per una Juve internazionale: Ferran Soriano
Ma la mia idea è un’altra e molto più rivoluzionaria e si lega anche all’ambizione di creare un gruppo multiproprietario internazionale che proietti la Juve nel futuro e valorizzi il Brand (ne ha bisogno).
Se Elkann vuole uscire dall’oblio tra Juventus e Ferrari, si affidi ai numeri uno. Se nella Formula 1 ha cercato prima Toto Wolff e poi Chris Horner della Red Bull, nel calcio può bussare solo a una porta, quella di Ferran Soriano, CEO del Manchester City e del gruppo City Football Group. Soriano gestisce 12 squadre in tutto il Mondo, compreso il Palermo.
Laureato in economia a New York, parla 5 lingue tra le quali l’italiano. Vice-presidente del Barcellona sotto la prima gestione di Laporta, ha rilanciato il club catalano. Lui era l’uomo dei conti e aveva ereditato una società sull’orlo del fallimento. Con lui e Laporta il Barcellona ha vissuto l’età di massimo splendore economico e sportivo. Soriano ha rilanciato i ricavi e quella dirigenza ha valorizzato l’anima catalana del Barca con i ragazzi del vivaio.
E’ passato al Manchester City ed ha vinto tutto convincendo prima il direttore sportivo Txiki Begiristain e poi Pep Guardiola a sbarcare in Premier League. Ora sono alla seconda finale di Champions negli ultimi tre anni, ma il club inglese dovrà anche affrontare l’indagine che la Premier League ha aperto per presunti violazioni finanziarie.
Il calcio è anche un business, Soriano lo sa fare…
Potrebbe essere l’occasione giusta per convincerlo a rilanciare la Juventus a 360 gradi, fondare dopo i Pozzo, De Laurentiis e Lotito, un altro gruppo multi-proprietario italiano e guardare al business del calcio sotto il profilo internazionale, visto che la Serie A è destinata a un lento ma inesorabile declino.
Exor non è più solo una holding di controllo (come lo era Ifil) ma è diventata una vera società di investimento: grazie alla diffusione degli streaming, il business del calcio è in piena espansione e anche Exor attraverso un gruppo multiproprietario che potrebbe fare capo alla Juventus potrebbe fare business nel football.
