Il 26 aprile 2023, dopo aver assistito a un surreale Inter-Juventus (match ritorno di Coppa Italia), allo Stadio venne fuori una voce che stava montando proprio in quelle ore: “Allegri potrebbe avere un ruolo più da manager”. Non capivo il termine “più da manager” ma ipotizzai su questo blog: Allegri dirigente, Giovanni Rossi direttore sportivo (le indicazioni che avevo ricevuto erano chiare e riguardavano un amico di Max e un dirigente molto competente) e un allenatore area Sassuolo (Dionisi o De Zerbi).
Ingenuamente ipotizzai Dionisi, ma non avevo capito fino in fondo la manovra. Ma mettiamo insieme tutti i tasselli. Al tempo Scanavino aveva incontrato Giuntoli a Milano ma non si sapeva se avessero raggiunto un accordo.
Cerchiamo di capire questa voce che mi arrivò all’orecchio: “più da manager”.
La figura del Manager all’Inglese come è cambiata in Premier
Ingenuamente noi associamo la figura dell’allenatore-manager, con il vecchio archetipo del manager all’Inglese, manager alla Ferguson. Vi assicuro che anche in Premier League non funziona più così.
E’ vero che l’allenatore ha un potere programmatico e decisionale più incisivo di un qualsiasi allenatore italiano, anche sul mercato. Ma se Conte è voluto andar via dal Tottenham è proprio perché oramai i direttori sportivi e i capo scout sono più ascoltati dall’allenatore dai presidenti e dai general manager che sono quelli che prendono le decisioni finali sul mercato, cercando di far tornare i conti. Oramai i club di Premier sono vere aziende che fatturano centinaia di milioni, anche le neopromosse dalla Championship sono potenze economiche, stiamo parlando di una competizione che fattura miliardi ogni anno, non briciole come la Serie A.
Un business che non può essere gestito da un allenatore. Levy, presidente degli Spurs, ne è un esempio. Paratici ha portato a Londra tutti i suoi pupilli (Romero, Kulusevski, Gollini, Bentancour) prima delle sue dimissioni forzate.
I Ferguson e i Wenger non esistono più, nessun manager ha quei poteri che avevano 20 anni fa gli allenatori in Premier.
L’attuale figura del manager tecnico in Inghilterra è stata forgiata da Rafa Benitez, il primo che ha disegnato il ruolo nei suoi ultimi anni al Liverpool e poi ha (in parte) importato il modello al Napoli.
Quando Benitez doveva diventare il primo manager della Juve
C’è una bellissima intervista-articolo su Tuttosport risalente al 2009/2010 sul ruolo di Rafa Benitez ai reds quando lo spagnolo (purtroppo non riesco a recuperare il link ma cercherò di postarlo sul blog nei prossimi giorni) era in odore di passare alla Juventus su indicazione del consulente tecnico di allora Roberto Bettega. Poi arrivò Marotta e Bettega saltò così come la sua idea (Rafa).
Benitez aveva come direttore sportivo Macia (ora allo Spezia) che faceva il mercato e gli trovava i giocatori, Rafa proponeva le idee al board dei reds, aveva un ottimo potere decisionale ma il declino di questa figura in Inghilterra era appena iniziato.
L’aspetto però che veniva sottolineato nell’intervista era che Benitez spendeva più tempo nella sede che sui campi d’allenamento, a volte supervisionava il lavoro ma difficilmente scendeva in campo, spesso stava alla scrivania ed erano i suoi collaboratori che facevano tutto.
Ferguson era più uomo di campo anche se aveva collaboratori fidati e inoltre aveva dei poteri più incisivi sul mercato, ma erano altri tempi per la Premier, si parlava di fatturati per cento milioni di sterline. Non miliardi.
Al Napoli Benitez, in parte, importò questo suo modello e fu compartecipe con il d.s. Bigon (che aveva portato Cavani prima, Hamsik dopo su imbeccata del capo scout Micheli e Mertens poi) del mercato anche se nel club partenopeo decideva e decide tutto De Laurentiis che ascolta ma poi fa di testa sua: Rafa consigliò, in particolare, Calejon, Reina, Albiol e soprattutto Higuain. Oggi ha un ruolo anche nell’affare Gabri Vega. Il rapporto con ADL è sempre solido.
Il nuovo assetto inedito nella Juve
Bene, la Juventus sembra aver assunto un assetto simile. Allegri è stato confermato ma a certe condizioni. Non è un caso che in quei giorni in cui mi arrivarono quelle voci, il giornalista Giacomo Scutiero twittò: “In questo contesto surreale (cit.), settimana dopo settimana pare sempre meno fantasioso che #Allegri possa lasciare la panchina della #Juventus senza però lasciare la Juventus”.
Chiaro il messaggio? Si ipotizzava un Allegri dirigente, in realtà la sfumatura è differente. La rivoluzione sembra essere stata silente, ma efficace (almeno in questo scorcio di stagione sia alla Continassa che negli States).
Allegri head coach/manager, Magnanelli…
Allegri continua a fare il primo coach, ma di fatto chi allena sul campo, soprattutto chi esegue e dirige le sedute tattiche è il suo nuovo fidato collaboratore tecnico Francesco Magnanelli, de-zerbiano della prima ora ma anche uomo cardine del Sassuolo di Allegri in C, quindi un uomo di fiducia del livornese. L’anno scorso ci aveva provato Paolo Bianco (suo ex giocatore a Cagliari) ma è rimasto inascoltato e quest’anno allena il Modena.
Forse la società, non potendo esonerarlo per il contratto onerosissimo, gli ha imposto questa nuova filosofia: pressing alto, possesso e gioco più intenso. Nell’intervista a Sky, quando confermò Allegri, Scanavino fece un riferimento alla qualità del gioco che doveva migliorare.
Potrebbe esserci anche la mano di Giuntoli come fine diplomatico. Allegri fa più da head coach, supervisore, sceglie la formazione e gestisce gli uomini e esprime la sua opinione sul mercato, ascoltata e tenuta in considerazione da Giuntoli e Manna che hanno compiti più di scouting (ovvero andare a pescare i Weah, Diarra che saranno gli elementi del rinnovamento graduale) e hanno una delega specifica per le cessioni. Tognozzi e Chiellini continuano invece a fare man bassa di giovanissimi per l’Under 23 e i ragazzi del vivaio.
Il pericolo: Allegri umorale
La Juve sembra essersi assestata così, un equilibrio sottile, basta un soffio di vento per far cambiare idea a Allegri, in questi due anni l’ha dimostrato, con scelte di campo spesso incoerenti (da Dybala al centro del progetto, all’ All in per Vlahovic e infine VlahOUT e Lukaku-in oggi).
Sappiamo tutti come è finita l’anno scorso dopo Juve-Roma, quando finalmente i bianconeri giocarono in maniera convincente e moderna (dopo due trasferte orribili a Genova contro la Samp poi retrocessa e a Firenze), con pressing asfissiante, intensità al massimo, cercando il dominio sulla Roma di Mourinho che fu fortunata per un episodio. Da quel momento Allegri decise e optò per il ritorno al Medioevo calcistico e sappiamo che tipo di stagione è stata (con il record di sconfitte in campionato e in Champions).
La strada è giusta: non cambiamola!
La strada intrapresa è quella giusta oggi, spero che anche il tecnico si renda conto che certi approcci sono del tutto superati, con le provinciali che ben allenate ti schiacciano a livello di intensità (vi ricordate Juve-Empoli con Andreazzoli il primo anno e l’umiliazione dell’anno scorso con Zanetti?) e i 5 cambi hanno dato modo a tutte le squadre di poter mantenere il solito ritmo per 90 minuti.
Inoltre i nuovi regolamenti e il VAR penalizzano chi difende, oramai è chiaro che quel tipo di calcio appartiene al passato. Chi non si adegua è perduto.
Fagioli come Maxi Lopez?
Questa prima Juve estiva si basa su molti concetti De-Zerbiani, il problema è che a centrocampo è molto debole, in particolare non si hanno le qualità per l’uscita palla dal basso. La mia speranza è che Magnanelli convinca Allegri ad affiancare a Locatelli, Fagioli nelle vesti di regista, proprio come al Sassuolo quando vicino a lui giocava Maxi Lopez. Quella sarebbe la mossa giusta, visto che sul mercato sono stati ceduti gli unici veri registi (Paredes a fine prestito e Rovella). C’è da testare (e bene) anche Nicolussi Caviglia. Anche da mezz’ala Fagioli aveva aiutato molto Locatelli la scorsa stagione, dagli le chiavi della regia aiuterebbe non poco il gioco in verticale, ciò di cui hanno bisogno Vlahovic e Chiesa.

3 pensieri su “La nuova Juve: Magnanelli allenatore ombra con Allegri head coach/manager”