Andrea Agnelli

E’ realmente la Juve di John Elkann? L’influenza di Andrea Agnelli, i due d.s.

Da novembre 2022, con le dimissioni del CdA guidato dal Presidente Andrea Agnelli e la nomina di Gianluca Ferrero, Maurizio Scanavino e Francesco Calvo nei ruoli apicali, è nata la Juventus di John Elkann. E’ in effetti una Juve-JE 2.0, almeno secondo un’analisi molto superficiale dei media main stream. Ma è un grave errore. E vedremo presto perché.

Se la prima post calciopoli dal 2006 al 2010 è stata una gestione (negativa) con il fortissimo imprinting di John, la Juve attuale è frutto del compromesso (ma verso l’alto o verso il basso?) e le voci di alcuni dissidi e malumori all’interno di Exor sono sempre più frequenti, o forse sarebbe più corretto parlare della “Giovanni Agnelli BV”.

Quando la coppia dei cugini funzionava e la Juve trionfava

Ma prima di analizzare la Juve e la galassia della Famiglia proprietaria è giusto fare una premessa. Grazie a Andrea Agnelli e John Elkann e tutti gli azionisti Exor e della Juve, il club bianconero ha vissuto una delle epoche d’oro, i 9 scudetti di fila verranno rivalutati dalla storia come un momento eccezionale e questo grazie ai due cugini. Andrea ha saputo ridare una mentalità e un’organizzazione vincente alla Juve, garantendo il giusto apporto finanziario grazie alla collaborazione del cugino che ha sempre garantito un sostegno decisivo. Manager esperti come Marotta hanno fatto la differenza in quel contesto sano e virtuoso.

Intorno alla Juve tutto era molto più stabile e meno fluido.

Il post Marchionne si sta rivelando difficile

Le belle storie possono anche finire. La Juve, fin quando è stato in vita Marchionne, viveva su equilibri solidi così come era chiara la leadership con un uomo forte al comando all’interno della FIAT poi FCA e ora, Stellantis con la fusione con Pegeout. Con la morte del manager italo-canadese purtroppo certi equilibri si sono lentamente incrinati. Il culmine della tensione si è raggiunto con le dimissioni forzate di Andrea.

L’influenza di Andrea

Come vi ho sempre detto da novembre ad oggi, è da illusi pensare che non vi sia ancora l’influenza di Andrea Agnelli su questa Juve. Prima di tutto perché 12 anni (10 di grandi successi e non è un dato banale neanche per una società come quella bianconera, almeno in Italia) non si cancellano in pochi mesi.

Gran parte del personale è stato contrattualizzato dall’ex Presidente: parliamo prima di tutto di figure amministrative e legate al marketing. Ma su tutto questo fronte l’elkaniano Francesco Calvo sta riorganizzando la società, essendo, di fatto un uomo di Elkann e il direttore generale esecutivo considerando tutte le deleghe che sono in capo a lui.

La corrente Agneliana

In ogni caso lo zoccolo duro organizzativo del club è legato ancora a Agnelli. Ma non solo: la parte tecnica è fortemente condizionata dalla corrente agneliana, visto che Max Allegri ha ancora due anni di contratto e una super clausola in caso di rescissione che lo protegge.

Hanno ancora un anno di contratto Federico Cherubini, il mago dello scouting Matteo Tognozzi (sarebbe una grave perdita rinunciarci) e altre figure legate soprattutto al settore giovanile e che appartengono alla corrente di Agnelli. Sul contratto di Giovanni Manna c’è un forte mistero: è stato nominato direttore sportivo e annunciato il suo rinnovo fino al 2025 pur essendo legato alla vecchia dirigenza. Sul deposito di questo contratto in Lega però qualcuno nutre dei dubbi. Mistero.

I piani di Giuntoli compromessi prima del suo arrivo

Ma l’aspetto più curioso è che questa manovra è stata fatta pochi giorni prima dell’arrivo di Cristiano Giuntoli che avrebbe voluto portare con sé una parte dello staff, in particolare i suoi uomini di fiducia Pompilio, Stefanelli (poi mandato a Pisa) e Romairone.

Invece è stato richiamato per gestire l’Under 23 un uomo di Andrea Agnelli, un fedelissimo: Claudio Chiellini invece di Stefanelli (come detto persona di fiducia di Giuntoli). E anche questa nomina è stata fatta in estate. E’ frutto di una forte e ufficiosa pressione da parte di Max Allegri che ha passato l’intera primavera a far la guerra all’ingresso di Giuntoli nel club e anche le sue parole alla prima conferenza stampa, pur condite con parole positive, tendono a sminuirne il ruolo.

E’ nota una telefonata tra Allegri (che voleva uno dei due amici Giovanni Rossi o Frederic Massara) e John Elkann nella quale Max ha chiesto a Elkann di non rimuovere i responsabili dello scouting e del settore giovanile.

Un intervento che nei contenuti condividiamo, visto che Tognozzi, Manna, Scaglia, Cherubini e company hanno lavorato benissimo con i giovani, ma si sono creati i presupposti per disinnescare l’azione di Giuntoli e della nuova Juventus che era l’obiettivo di Allegri. Si è trattata di una guerra di potere che la Proprietà ha pericolosamente assecondato perché creare due correnti di pensiero all’interno di un club può essere molto pericoloso nei momenti difficili.

Proprio aver richiamato Chiellini e aver promosso Manna durante quella che doveva essere la rivoluzione “giuntoliana” fa capire come sia ancora tangibile e chiara l’influenza di Andrea Agnelli.

Quando fu depotenziato Arrivabene prima della sua nomina

Una manovra che ricorda molto da vicino quanto accaduto nel 2021: ovvero, quando sembrava imminente l’ingresso di un nuovo CEO (Maurizio Arrivabene), la guida tecnica fu blindata dalle nomine di Allegri (con un super contratto blindato) e Cherubini. L’ex Team Principal della Ferrari (che era in contatto con il direttore sportivo Giovanni Sartori) si trovò con le mani legate. Il suo unico atto fu quello di richiamare Francesco Calvo. Di fatto la sua gestione era fallita ancor prima di arrivare alla Continassa.

Oggi la Juve opera con due direttori sportivi: Giuntoli (persona voluta da Scanavino-Calvo e quindi da Elkann che risulta direttore tecnico) e Manna (uomo di Allegri e di Agnelli). Il club pare diviso ma non è una novità, né c’è da stupirsi. Giuntoli sulla carta ha più poteri ma un controllore al suo fianco che non ha scelto.

Nella prossima puntata vi spiegheremo perché John Elkann sta accettando, in qualche modo, la politica del compromesso nella Juventus.

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