Nel ciclo di Allegri a Torino, che sta durando più di 10 anni (con 2 di pausa), ci sono stati almeno 3 Allegri diversi e differenti Juventus.
Allegri I: quello dei primi 5 anni
Il primo è quello dei 5 anni, l’Allegri I, nel quale abbiamo visto e percepito sempre un allenatore con determinate caratteristiche (anche nelle conferenze stampa) mai mutate, molto coerenti ma con almeno 3 Juve differenti che erano molto concrete e non rubavano l’occhio (tranne qualche rara eccezione): la prima, quella più contiana ad alta intensità (nella quale il tecnico livornese è stato bravo a non stravolgere gli equilibri ma gradualmente passare dalla difesa da 3 a 4, più consona al suo modo di vedere il calcio, un compromesso che ci portò a Berlino), la Juve del 4-2-3-1 (con Cardiff come meta finale e Mandzukic da esterno a sinistra come grande intuizione tattica), infine la Juve di Cristiano Ronaldo (nel suo primo anno) che, per caratteristiche, non poteva essere uguale alle altre.
Allegri II (2021-23): il suo peggior ciclo
C’è stato poi l’Allegri II, quello del 2021-2023 (da luglio 2021 fino a gennaio 2023 poi è ingiudicabile per via della squalifica), un tecnico al quale era stato affidato l’intero progetto tecnico con un direttore sportivo amministrativo di supporto (Cherubini è più un direttore generale esecutivo sul mercato), ma le chiavi della Juve erano tutte in mano a lui, pareva un allenatore un po’ con la pancia piena e poco aggiornato, è stato l’Allegri che non mi è piaciuto e che ho criticato senza pregiudizio, ma anche un allenatore solo, senza vicino dirigenti che lo proteggessero come sta accadendo ora.
Allegri II, uomo mercato e uomo di campo, una doppia pressione che l’ha schiacciato sotto il peso delle responsabilità nel momento più difficile della recente storia bianconera (con le dimissioni del Presidente Andrea Agnelli e di tutto il cda), ma anche un tecnico che pensava che con 4 anni di contratto poteva essere blindatissimo. Una squadra spenta, con metà dello spogliatoio che non ci credeva e non credeva nell’allenatore, giocatori a fine carriera poco motivati (pensiamo a Pogba) e una condizione atletica sempre discutibile. Zero intensità. Sul mercato scelte (le sue) molto infelici: Di Maria, Pogba ma anche l’acquisto voluto da lui a tutti i costi di Vlahovic a 90 milioni (riandatevi a riascoltare le dichiarazioni dell’amico Sandro Sabatini: “l’ha voluto Max a tutti i costi”).
Come nasce l’Allegri III e la sua Juve
Il fatto che, a inizio stagione, si sia sentito in discussione con il 70%-80% della tifoseria che non credeva più in lui l’ha rimotivato, si sono rivisti gli occhi determinati di un allenatore che vuole tornare a vincere e che non è protetto da un super contratto a un anno e mezzo dalla fine. In Conferenza stampa è serissimo, non si concede più battute scanzonate o qualche frase superficiale, sempre molto attento ai dettagli.
In allenamento si lavora di più sull’intensità e sul pressing (caratteristiche fino ad ora rinnevate da Allegri) con la chiamata (non casuale) del suo ex giocatore al Sassuolo Magnanelli.
La squadra non gioca bene (ma quella del primo ciclo non rubava gli occhi per il gioco come abbiamo già sottolineato), ma è più organizzata in fase difensiva, soprattutto è solida e compatta. Lo spogliatoio unito, senza dubbio questa Juve ha overperformato con alcuni episodi a favore (pensiamo alla dormita generale del Monza dopo l’1-1 al 92’) ma i risultati non sono casuali ma frutto di una voglia di vincere e di unità che appartiene a tutta la squadra.
Come è cambiata la Juve di Allegri III ce lo spiega proprio l’allenatore labronico in una delle ultime conferenze stampa, quando gli chiedono la differenza di prestazioni tra la Juve di quest’anno e la Juve dell’anno scorso, Max tira una bella fucilata: “sono stati bravi in società, i nostri dirigenti nel fare il mercato”, tutti i presenti si guardano attorno e pensano a una presa in giro (è stato acquistato solo Weah, ndr) ma l’allenatore si riferisce a altro: “sono stati bravi nel gestire le uscite”. Chiaro il riferimento ai mancati rinnovi di Angel Di Maria, Cuadrado, al mancato riscatto di Leo Paredes e alla rescissione di capitan Bonucci. La prossima uscita sarà quella di Pogba.
Quattro giocatori con il quale l’allenatore ha avuto dei problemi l’anno scorso, infatti in campo la squadra sembrava sempre sfilacciata, quasi demotivata. Lo scazzo con Paredes prima della grigliata del primo maggio alla Continassa, i continui alti e bassi e frecciate di Angel Di Maria (con l’espulsione a Monza dopo l’intervista di Sconcerti), le battute di Cuadrado in conferenza stampa (“se l’allenatore che lo permette” riferimento ad attaccare contro il Siviglia) e il rapporto travagliato con Leo Bonucci che non si è mai ripreso dopo lo sgabello di Oporto. In tutto questo metti anche Pogba che da stella della squadra e punto di riferimento ha dato invece un cattivissimo esempio, mettendo sempre le sue priorità personali davanti ai compagni e alla squadra.
La Juve non era la Juve l’anno scorso, non giriamoci intorno e le responsabilità erano sia dei giocatori ma anche dell’allenatore che aveva voluto gente come Angel Di Maria, Paredes e Pogba ma non era stato capace di gestire quelle personalità, con il francese e i due argentini che hanno fatto quello che hanno voluto.
La gestione e il supporto di Giuntoli e Manna
Mancava un Giuntoli, questo è chiaro. Giuntoli è un buon direttore sportivo per il mercato, ma è un fuoriclasse nella gestione del quotidiano. E’ in quello che fa la differenza, se avete dubbi chiedetelo a De Laurentiis che ha ignorato questo aspetto ed ora ne paga le conseguenze. Manna anche lui sta facendo un ottimo lavoro come direttore sportivo.
Ma la Juve è tornata a essere Juve anche per le quattro/cinque partenze estive. A mio avviso, questa organizzazione di gioco non è sufficiente per tornare competitivi in Europa ma anche la società deve fare il suo e rinforzare la rosa. Per il momento, godiamoci le belle vittorie, i risultati ma soprattutto aver ritrovato un gruppo unito e con tanta voglia di vincere è un messaggio positivo, dopo anni di continuo sfilacciamento tra la squadra, l’allenatore, i dirigenti e i tifosi. Ripartiamo da qui.

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