Turki Bin Salman

L’Arabia Saudita e l’interesse (freddo) per la Juve. “PIF chiude i rubinetti al calcio”. Si, ni… il piano di “austerity”

C’è un paese che ha deciso di cambiare le regole del gioco. Un paese che ha messo sul piatto una montagna di soldi per attirare i migliori calciatori del mondo, spiazzando anche gli altri competitor del Golfo. Un paese che ha un sogno: organizzare il Mondiale del 2034 e rendere la propria nazionale competitiva (aver battuto l’Argentina in Qatar ha dato ancora più forza a questo progetto). Quel paese si chiama Arabia Saudita e ha una sola parola d’ordine: spendere, o almeno era così fino a qualche settimana fa.

Lo ha fatto da un anno a questa parte per lanciare il progetto VISION 2030 voluto dal principe ereditario Mohamed bin Salman, quando ha strappato Cristiano Ronaldo all’Europa con un ingaggio da capogiro. L’Arabia Saudita non è solo petrolio e lo vuole dimostrare al mondo investendo in infrastrutture e turismo, per cercare di diversificare la propria economia per quando l’oro nero non sarà più necessario.

Lo ha fatto in estate, quando ha portato a Riad Benzema, Firmino, Henderson e anche allenatori e stelle del calcio europeo come Gerrard. Lo ha fatto per rinforzare le sue quattro squadre di punta: l’Al Nassr, l’Al Hila, l’Al Ittihad e l’Al Ahli.

Per capire il momento storico del calcio saudita e delle intenzioni della Monarchia però bisogna leggere alcuni frammenti, indizi e interviste nel contesto geopolitico corretto. Oramai la geopolitica fa parte del calcio visto che stiamo parlando di una industria che fattura almeno 20 miliardi l’anno solo in Europa.

Arabia Saudita: PIF ha detto stop alle spese folli nel calcio per il momento…

Ma ora il Principe Mohamed bin Salman, il padrone di Pif (il fondo d’investimento pubblico saudita) e del Newcastle, ha detto basta.

Ha mandato un messaggio chiaro: i club sauditi devono imparare a gestire le proprie finanze e a non sperperare il denaro che lui ha messo a disposizione fin dal mercato di gennaio secondo quanto riportato dal quotidiano sportivo spagnolo AS. In questa sessione i club dovranno gestire le operazioni con finanze proprie e non con denaro pubblico.

Il Principe vuole dimostrare che il suo progetto non è solo una follia megalomane, ma una strategia per rilanciare l’immagine del suo paese e per farlo diventare una potenza calcistica e non solo. Però il percorso deve essere più sostenibile, anche perché l’Arabia, pur essendo una monarchia assoluta, ha diversi problemi interni (in alcune aree del paese anche di ordine pubblico).

La causa palestinese e la sospensione degli Accordi di Abramo

C’è poi la causa palestinese, il dramma di un popolo nella miseria da decenni. Le spese folli nel calcio non aiutano a mettersi nella migliore luce con l’opinione pubblica araba, almeno in questo momento.

Con l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza a seguito degli atti terroristici di Hamas del 7 ottobre, ha fatto riaccendere i riflettori sulle problematiche di quel popolo senza più una patria.

Un evento che ha comportato la sospensione della ratifica degli Accordi di Abramo (voluti dagli Stati Uniti per una inedita alleanza con Israele soprattutto dal punto di vista militare). La politica estera di Bin Salman è eccessivamente pro Occidentale secondo i media arabi.

Arabia Saudita: i calciatori pentiti

Non tutti, però, sono contenti di questa svolta negativa nel “ridimensionamento” delle spese per il calcio. Alcuni giocatori che hanno accettato di trasferirsi in Arabia Saudita per i soldi ora si pentono e vorrebbero tornare in Europa. È il caso di Benzema, che ha fatto le valigie verso Madrid per un periodo di riflessione. È il caso di Firmino e Henderson, che sognano di rivedere il Liverpool e la Premier League. È il caso di Gerrard, che ha capito che il calcio non è solo una questione di vil denaro, ma anche di passione e di storia.

Se nel campionato arabo è probabile che si sarà comunque una spending review, seppur moderata, cosa succederà nel Vecchio Continente? Il Mondiale del 2034 è dietro l’angolo e l’interesse verso il calcio va tenuto vivo così come l’immagine della Monarchia devastata dallo scandalo derivante dall’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.

Turki Bin Salman vuole la Juve, ma…

Gli investimenti dei sauditi in Europa continueranno ma al momento potrebbero essere sospesi proprio per la crisi in Medio Oriente. La monarchia non può apparire così filo occidentale. PIF ha messo le mani sul Newcastle, mentre il fratello del Principe ereditario Mohamed, Turki Bin Salman (consigliere fidato del padre sovrano) ha più volte sondato il terreno per capire se alla Juventus fossero disponibili a vendere delle quote di minoranza del club. Potrebbe fare l’operazione non attraverso PIF ma il suo fondo personale d’investimento Tharawat.

Turki (nella foto in alto) è un grande tifoso juventino e nella penisola araba possiede una scuola calcio bianconera e uno store grazie ai forti legami con Torino. E’ molto amico di Lapo Elkann (le due famiglie hanno rapporti strettissimi) e Turki potrebbe portare anche nuovi sponsor. Ma Exor deve muoversi in un contesto geopolitico molto complicato e difficile da comprendere: sarà disposta ad accettare capitale arabo? Inoltre c’è anche il problema inverso: i sauditi possono permettersi di essere soci di una società che è guidata da proprietari filo israeliani? Il rischio, in patria, di essere esposti al giudizio negativo del popolo (seppur non vivendo in una democrazia) e, in generale, dell’opinione pubblica degli altri paesi arabi, è troppo alto.

L’Arabia Saudita non ha rinnegato, ma solo sospeso, gli Accordi di Abramo con Israele ed è probabile che metta in naftalina anche gli altri investimenti europei in attesa che la tensione si stemperi (difficile nel breve periodo) in Medio Oriente.

Juve con capitali arabi: non è una novità

Certo, i precedenti sono a favore di un ritorno di fiamma verso i capitali arabi da parte della famiglia ma non subito considerando che alla guida c’è John Elkann e che deve mantenere un punto di equilibrio in Europa e soprattutto negli Stati Uniti.

Cosa farà Elkann? Il nonno Gianni (Giovanni, Agnelli l’Avvocato) con i soldi di Gheddafi salvò la FIAT negli anni ’70 grazie anche ai buoni uffici di Andreotti e per riacquistare le quote dovette sudare le fatidiche sette camicie.

La libica Tamoil sponsorizzò la Juventus della triade e la Lafico (la finanziaria della Famiglia Gheddafi e dello Stato libico) entrò come azionista nel capitale sociale anche della squadra bianconera. Qualcuno giurò che la Triade volesse scalare la Juventus proprio con i soldi dei figli di Gheddafi ma sappiamo come è andata a finire per tutti. A Torino c’è chi pensa che quello fu il vero motivo scatenante di Calciopoli nel 2006.

2 pensieri su “L’Arabia Saudita e l’interesse (freddo) per la Juve. “PIF chiude i rubinetti al calcio”. Si, ni… il piano di “austerity”

Lascia un commento