A Torino, la mattina del 12 marzo del ’21, vide la luce un bambino che avrebbe fatto parlare di sé anche oltre Oceano: Giovanni Agnelli, per gli amici Gianni, per tutti quanti l’Avvocato. Il nipote prediletto del Senatore Agnelli (del quale portava il nome) è stato un mix di passioni e ambizioni nello sport e nella vita, dall’arte del calcio a quella della barca a vela, passando per le corse dei motori (è stato lui a strappare la Ferrari a Ford). Amava il calcio e le belle donne, ma anche la dolce vita e soprattutto la Juventus.
Un uomo che ha saputo intuire, prima e meglio di tanti altri, dove il pallone e i motori potessero incontrarsi e fondersi in una passione pura, quasi viscerale e diventare un importante volano anche politico e, quindi, anche negli affari.
E la Juve? La Juve per l’Avvocato era quella passione che ti prende lo stomaco, ti gira e ti rigira come un calzino. Una fiamma che forse solo suo padre Edoardo e il fratello Umberto hanno saputo alimentare allo stesso modo, con quella cura di chi ama senza però mai perdere di vista il bilancino della ragione. Hanno tenuto la barra dritta anche quando le tempeste finanziarie sulla FIAT e sull’Italia avrebbero potuto farli deviare, ma la loro Juve, solida come una roccaforte, non ha mai smesso di brillare. Il sogno è sempre stata la Coppa dei Campioni, ma Gianni e Boniperti, così come Umberto, hanno sempre fatto prevalere la ragione, pur mantenendo bella ardente la fiamma della passione e il livello di ambizione della Juventus. Solo in un’occasione Gianni sbottò: dopo la finale di Belgrado del 1973 contro l’Ajax degli extra terrestri. In quel caso, il suo rammarico fu il mancato acquisto di Gigi Riva che rifiutò sempre la sua corte. Tirò le orecchie al fido Giampiero e a Italo Allodi: con Riva in campo, era certo l’Avvocato, la Juve avrebbe vinto.
Di Gianni si amava quella sua ironia sottile, quel modo di essere sempre pronto a lanciarti una battuta che ti lasciava lì, a sorridere. Ma lui, sapeva essere attratto dai veri campioni, da quei giocatori che sulla carta sembravano un sogno e che lui, con un intuito da vecchio volpone, riusciva a trasformare in realtà.
Dal primo innamoramento per l’ungherese Hirzer (scoperto al campo d’allenamento quando lo portava papà) a Omar Sivori (grande colpo di mercato del fratello Umberto), passando per quel Boniperti che era forza e voglia di vincere fatta persona. E poi Diego Armando Maradona quel sogno che gli è sfuggito e vi spieghiamo perché. El Pibe gli fu consigliato prima di tutti (anche di Boniperti) da alcuni suoi contatti argentini a fine anni ‘70, ma per varie ragioni non è riuscito a portarlo a Torino.
Ma il capitolo più bello e il legame più profondo è quello che si è consumato con Platini, “Le Roi”, che lui volle a tutti i costi, come si vuole un amore che non si può lasciar scappare.
Il francese è stato voluto da lui a ogni costo, imposto a Boniperti quando la Juve aveva già un signor regista (Liam Brady), preso “per un tozzo di pane, poi noi ci abbiamo messo il caviale”, Le Roi era in scadenza di contratto e l’Avvocato riuscì a mettergli le mani sopra (per due anni era stato bloccato dall’Inter che poi lo liberò in modo inspiegabile). Sapeva riconoscere il talento e gli affari.
L’ultimo capriccio fu Roberto Baggio nel 1990 che strappò, con forza, con un accordo “politico”, a Silvio Berlusconi (in quel momento interessato a far passare in Parlamento la Legge Mammì, sulle frequenze televisive, quando Galliani aveva già un accordo con Caliendo) e strappò dalle braccia di Firenze.
Gli ultimi campioni ammirati nella Juventus sono stati Alessandro Del Piero e Zinedine Zidane. E’ sempre stato innamorato dei giocatori con un certo stile, non solo Alex e Zizou, ma qualche anno prima ha avuto cotte passeggere anche per il giovanissimo Miki Laudrup (quello che Platini definiva il “più forte del Mondo in allenamento”) e Andreas Moeller.
E non finisce qui, perché l’Avvocato aveva un debole anche per quei campioni che sapevano far battere il cuore con il volante in mano: da Nigel Mansell a Alain Prost, fino al grande Michael Schumacher, che lui volle in Ferrari, forse scommettendo più sul cuore che sul portafoglio, ma portando a casa un sogno dopo l’altro.
E poi c’era il mare, con quella barca a vela, Azzurra, che sembrava portare con sé tutto il fascino e l’ambizione di Agnelli: la prima imbarcazione italiana a sfidare l’America’s Cup, a dimostrare che anche nel mare, come nello sport, gli italiani sanno dire la loro.
Gianni Agnelli, l’Avvocato, è stato questo: un miscuglio esplosivo di ambizione, passione, intuito e, perché no, un pizzico di quella follia che serve per sognare in grande.
Perché, alla fine, il suo più grande rammarico non è stato tanto non aver portato Maradona in bianconero, ma forse, il non aver mai smesso di sognare, di cercare quel giocatore, quel pilota, quella vittoria che potesse ancora una volta far battere il cuore a tutti noi.
