Dopo aver analizzato la prima parte sulla crisi del calcio italiano e del modello di business delle pay-tv, cerchiamo di contribuire prendendo in considerazione due aspetti.
Ligue 1+: già un milione di abbonati, prezzi bassi
Una lezione, innanzitutto, arriva dalla Francia. La Ligue 1 ha deciso di mettersi in proprio, di costruire una piattaforma tutta sua, “Ligue 1+”. E in poche settimane ha già raggiunto un milione di abbonati (l’annuncio ufficiale della lega transalpina). Obiettivo centrato, sorpresa relativa: perché, al netto delle difficoltà, il pubblico non ha rinunciato al calcio francese.
Le chiavi del successo? Il prezzo 💶. 14,99 euro al mese con vincolo, 19,99 senza, 9,99 per i giovani under 26.
Tariffe giuste, sostenibili, vicine al tifoso. Ma non solo, anche la qualità del servizio, al contrario di Dazn, prezzi alti e servizio da anni pessimo per i tifosi-clienti e la Lega Serie A cosa fa?
Invece di selezionare i propri media-partner e di sollecitarli a investimenti, i vertici della Lega pensano solo a fare dichiarazioni roboanti contro il pezzotto solo per giustificare il proprio impegno e il proprio stipendio.
Il Italia si pensa solo a spolpare il consumatore
Il trucco non è solo quello di mantenere i prezzi equilibrati. La ricetta che proponiamo è più articolata, ve ne parliamo nell’editoriale giornaliero sul nostro blog.
Il pezzotto si batte solo sul mercato, con la qualità dei servizi offerti e prezzi competitivi, senza telecronache faziose, da tifosi travestiti da giornalisti, con streaming di primo livello.
In Italia invece si dorme e si continua a pensarla allo stesso modo come per ogni servizio venduto: spolpare il consumatore che, di fatto, non ha mai tutele, la giustizia è lenta e inefficiente.
Nel frattempo Premier League, Champions League, Europei e Mondiali si sono presi quasi tutta la torta dei diritti televisivi. I club inglesi, UEFA e FIFA ringraziano. Le briciole alla Liga spagnola, nel piatto rimangono gli avanzi per Serie A e Bundesliga (che è comunque più evoluta e con una situazione economica e soprattutto patrimoniale molto più florida).
La pirateria si sconfigge con una concorrenza di qualità
La guerra alla pirateria non si vince solo con i divieti, ma soprattutto sul mercato, convincendo il consumatore. Con una concorrenza accessibile, sensata, di qualità.
In Italia da 25 anni non c’è un adeguamento salariale al costo della vita, ci hanno svenduto con il cambio euro-lira folle, il potere d’acquisto degli italiani è bassissimo e l’italiano medio non può più permettersi abbonamenti così costosi. Il calcio è diventato un lusso non solo allo stadio (e i dati Auditel lo dimostrano). I nostri dirigenti e politici cosa fanno? Come sempre il nulla assoluto, perché nelle poltrone che contano ci finiscono sempre gli amici degli amici e i raccomandati, sia nel calcio che nei settori chiave del paese.
Anche in Francia il pezzotto era molto popolare
In Francia sembra che abbiano imparato la lezione, visto che nella scorsa stagione il 37% aveva seguito il campionato in modo illegale (fonte Le Parisien e riportato dal Napolista) con un picco del 55% per PSG-Marsiglia.
E in Italia? I nostri club (dei vertici di Lega sinceramente non mi fido) sono costretti a inventarsi un nuovo modello di business, perché Dazn è in crisi (vedi le macerie lasciate in Francia), Sky ha investito nella Champions, le capacità delle pay tv sul mercato sono oramai minime nel pagare i diritti televisivi, il mercato è stato dragato da Premier, UEFA e FIFA. Quelli che sventolavano le bandiere del calcio del popolo hanno definitivamente spolpato la Serie A. L’aspetto buffo è che i tifosi anti-juventini appoggiavano questa presa in giro palese.
Da una situazione disperata, la Ligue 1 ora guarda al futuro con più ottimismo. Secondo Le Parisien, la Lega punta a 2,2 milioni di abbonati (addirittura 2,5 in quattro anni). Un traguardo che oggi sembra realistico. A patto che il prezzo non salga troppo, che la promessa resti fedele secondo i giornalisti francesi. Perché la fedeltà, anche nel calcio, passa dal rispetto reciproco.
Il futuro del calcio italiano è in chiaro?
Il modello di business deve cambiare ma devono essere riportati nel calcio italiano i grandi sponsor. Come?
Vi cito intanto due dati che abbiamo ricordato ieri grazie ai dati raccolti dal Napolista. per comprendere che la Lega di Serie A sta percorrendo un binario destinato a fare deragliare tutta l’industria del calcio italiano:
dati Auditel:
– Milan-Bari – Coppa Italia, Canale 5, 17 agosto: 2.478.000 spettatori
– Juventus – Inter – Serie A, Dazn, 13 settembre: 1.687.803 spettatori
E’ necessario cambiare e rendere il calcio lo sport realmente del popolo? Si.,
Odiamo fare i populisti, non vogliamo essere fraintesi. Ma numeri alla mano è necessario trovare altre soluzioni e riportare i grandi sponsor e pubblicità massiccia nel calcio di Serie A.
I tifosi devono unirsi a prescindere dalle bandiere
Dobbiamo aprire la mente verso soluzioni differenti, perché per il calcio italiano il modello di business delle pay-tv è finito o è destinato a terminare.
Condividiamo l’editoriale dell’illustre testata “Il Napolista” (complimenti a chi scrive quotidianamente su questa testata per la qualità giornalistica espressa con puntualità).
Dobbiamo per una volta, come tifosi, fare uno sforzo e non pensare al campanile ma al bene comune e soprattutto pensare a tutelare noi appassionati di calcio.
Il calcio è un sport che ha un’importanza sociale nel nostro Paese (anche se abito all’estero per me l’Italia rimane un mio punto di riferimento) che non deve essere sottovalutata. Per questa ragione ci vorrebbe anche un intervento equilibrato ma determinato dei nostri politici a tutela dello sport nazionale. Perché se lo sono portati via.
Mi ritengo fortunato (pur consapevole che sia sempre una ruota che gira) che posso permettermi diversi abbonamenti, ma penso alle persone che non riescono ad arrivare in fondo al mese e non possono neanche distrarsi per 90 minuti a settimana per seguire la squadra del cuore.
Ma non voglio fare il populista da due soldi ma pensare al bene del calcio italiano.
Abbiamo visto i dati Auditel: una partita di cartello come Juventus-Inter ha 800.000 spettatori (che vede coinvolte le tifoserie più numerose) in meno di una partita di Coppa Italia di agosto seppur del Milan.
La provocazione di Aurelio De Laurentiis e la nostra proposta ibrida
Ha ragione Aurelio De Laurentiis, mi scoccia ammetterlo, ma il calcio deve tornare in chiaro o almeno la parte più importante di esso.
La Lega dovrebbe avere la propria pay-tv a prezzi popolari, ma alcune delle partite più importanti dovrebbero essere trasmesse in chiaro. E’ un modo per testare il mercato degli inserzionisti a ogni livello. Le aziende devono comunque investire nel marketing, i grandi brand in visibilità, cosa c’è di meglio del calcio in chiaro?
Oggi i principali sponsor in Serie A aggirano il decreto dignità
Con una parte del calcio in chiaro, si registrerebbero forti investimenti pubblicitari e i grandi sponsor tornerebbero sulle magliette delle nostre squadre e a bordo campo. Oggi il sistema è mantenuto dalla pubblicità dei marchi di betting solo con degli escamotage per aggirare il Decreto Dignità e il divieto assoluto di advertising nelle scommesse. Può un sistema reggersi su una chiara elusione di una legge ordinaria dello Stato?
Queste partite in chiaro potrebbero darci dei dati nell’arco di un paio di stagioni per capire se sia fattibile poter rendere visibile in chiaro tutto il calcio italiano.
Investimenti anche in giocatori di richiamo mediatico
Dovrebbe inoltre essere costituito un comitato di Lega e ogni club dovrebbe assumersi l’onere di ingaggiare un giocatore di richiamo, mediatico e capace di attirare il pubblico, e l’ingaggio di quel calciatore potrebbe non essere calcolato nell’indice di liquidità imposto dalla FIGC. Tutto comunque proporzionato al fatturato.
Credo molto nella formula ibrida (abbonamenti bassi gestiti dalla Lega e almeno due partite in chiaro a giornata su Rai, Mediaset più piattaforme come Youtube, piattaforme di Meta visibili anche all’estero). Ai più scettici faccio una domanda.
Come mai le tv in chiaro sono disposte a investire budget stratosferici per i Mondiali di Calcio e gli Europei?
Eppure sono eventi trasmessi aperti a tutto il pubblico, tranne alcune partite marginali che sono coperte dalle pay-tv per i malati seri di football.
Ci sono delle partite che interessano solo ai tifosi di singole squadre come Atalanta – Lecce (Serie A) che è stata vista (179.800) meno rispetto a Cesena-Pisa (181.000), match di Coppa Italia trasmessa sempre il 17 agosto quasi in contemporanea a Milan-Bari.
Il Napolista arriva a una conclusione: “la pay tv uccide il calcio molto più della pirateria. Milan-Bari in chiaro nettamente più vista di Juve-Inter su Dazn”.
Senza pirateria i nostri club sarebbero meglio gestiti? I dati dicono di no
E’ vero che se non ci fosse la pirateria i nostri club sarebbero gestiti meglio e ci sarebbero più risorse? Il sito di Napoli denuncia invece che maggiori risorse sarebbero assorbite dagli stipendi dei calciatori e commissioni per gli agenti. Quindi ci troveremo in una situazione paradossale: tifosi spremuti, club spremuti, calciatori con la pancia sempre più piena per generazioni.
Per Salvatore Napolitano del Napolista siamo di fronte a una fattispecie da “Robin Hood all’incontrario”.
Ecco uno dei punti salienti del suo editoriale: “La risposta è nel Report Calcio, prodotto dal 2011 in collaborazione tra la Figc, il centro studi Arel e la società di consulenza e revisione contabile PwC. Ebbene, secondo questo studio, nella stagione 2010-2011 il fatturato complessivo della serie A fu di 2,03 miliardi e le perdite poco meno di 300 milioni. Nel 2023-2024, nonostante un fatturato salito a 3,84 miliardi, le perdite sono state di 369 milioni. Come mai? Soprattutto perché gli stipendi dei calciatori sono cresciuti da 1,096 a 1,82 miliardi e gli ammortamenti, cioè il costo annuo della rosa, da 405,3 a 774,3 milioni. Dunque, il succo è questo: i vertici della Lega spingono perché migliaia di tifosi, che mediamente sono lavoratori con stipendi non elevatissimi (litote) concorrano ad aumentare le buste paga di giocatori che non risulta debbano mettersi in coda alle mense della Caritas: Robin Hood all’incontrario. E allora, questa lotta alla pirateria? Si tratta di propaganda di bassa lega, e qui la elle potrebbe anche essere maiuscola: nell’era di internet estirpare il pezzotto equivale a voler svuotare il mare con un secchiello”.
Dunque, non si può fare niente? Altroché, la soluzione c’è, infallibile e pure immediata: se davvero, ma proprio davvero, si volesse eliminare il pezzotto, basterebbe portare il calcio “in chiaro”, come usano dire gli specialisti del settore. Troppo semplicistico? Niente affatto: il pezzotto è l’effetto e i prezzi sono la causa, per cui, agendo sulla seconda, si contiene il primo. E lo si elimina azzerando i prezzi”.
Salvatore Napolitano (vi invito a leggere il suo editoriale in forma integrale) chiude con una battuta: “Insomma, aderiamo senz’altro all’appello di De Siervo di “sostenere il calcio attraverso canali legali”: portiamolo in chiaro. Tutto”.
