La visione europea di Comolli (e il modello Cruijff nel vivaio), le resistenze sabaude. E se fosse il mix perfetto?

Vogliamo una Juventus sempre più europea ma quando arriva l’uomo che potenzialmente può introdurre una rivoluzione culturale (pur sempre adattandola e conservando l’identità del club, una delle sue prime regole) e aprire le porte della Continassa a una nuova mentalità, ci prendiamo paura e, per paura, iniziamo a criticare e, preferiamo il vecchio per il nuovo. E’ arrivato Damien Comolli, scelto (così pare) da una società di Head Hunters di altissimo livello, io sinceramente non giudico, ma cerco di studiare il personaggio fino in fondo.

Juventus: l’incognita dell’anima sabauda di fronte a una rivoluzione culturale

La mia unica speranza è solo quella che venga fatto lavorare e che l’anima sabauda della Juventus non gli metta – come succede sempre (da Maifredi a Sarri, per passare a Motta, pur con errori anche importanti commessi da parte loro) ancora una volta i bastoni tra le ruote. In controllore gliel’hanno già fissato alle spalle: Chiellini pare in marcatura a uomo come se ancora giocasse.

2018-2025: le strutture verticali non hanno funzionato

Però abbiamo visto che il potere concentrato in un’unica persona senza filtri alla Juventus non ha funzionato negli ultimi anni. E se la struttura più orizzontale e questa visione europeista con la mentalità provinciale sabauda (quella di rimanere sempre con i piedi per terra ma di fare le cose in silenzio) non produca un mix vincente ed esplosivo? Chissà, in questa storia non vedo vie di mezzo: andrà tutto bene o tutto male.

Sta all’intelligenza delle persone coinvolte, in particolare Comolli e Chiellini, ma anche il ds e allenatore (Tudor?) avranno un ruolo importante da recitare in questa struttura.

La struttura orizzontale di Marotta-Marchionne

Dal 2010 al 2018 abbiamo assistito a una Juventus più orizzontale (struttura tanto cara a Marchionne che l’aveva introdotta anche in Ferrari) con Marotta che, grazie alla sua esperienza, riusciva a far lavorare il team al meglio, cercando di non far sconfinare e debordare nessuno: Andrea Agnelli pensava alle coperture finanziarie e alla politica (con una grande ascesa europea nell’ECA e nella UEFA) trasmettendo anche la vicinanza della Proprietà e mentalità (ricordiamo che da ragazzino è cresciuto con la Triade voluta dal padre) alla squadra e al team di lavoro (quel aspetto che manca ora), Nedved che ha dato il suo contributo con la squadra (ma anche per alcuni colpi, vedi Pogba) e poi il più talentuoso ma indisciplinato di tutti: Fabio Paratici. Infine Mazzia, l’uomo che i conti li faceva tornare sempre.

Post 2018 abbiamo assistito a One Man Show: prima Agnelli, poi Allegri, infine Giuntoli. Potere senza filtri, zero controlli, danni importanti.

I motivi reali della cacciata di Giuntoli

La Juventus oggi è una cosa troppo grande per essere gestita da una sola persona e, forse, ci vogliono proprio dei controllori e dei contro-poteri per bilanciare tutto. Chissà se l’anno scorso qualcuno di esperto avesse frenato Giuntoli, consigliandolo che in una stagione non si possono cambiare 16 giocatori, vendere (quasi) tutti i giovani di talento, costruire una squadra senza leader e soprattutto portare in una Juventus acerba un allenatore acerbo.

Il fallimento di Giuntoli è sotto gli occhi di tutti ed ha scottato tutti, ha spaventato anche la proprietà: il nuovo-vecchio che avanza, in realtà poteva essere interpretato come un rigurgito del calcio italiano. Parlo di fallimento ma non per il mercato, il valore di certi calciatori lo scopriremo quando avremmo un allenatore-motivatore e sono convinto che i vari Koopmeiners, Douglas Luiz, Di Gregorio, Kalulu, Thuram siano degli ottimi calciatori. Alcuni però potrebbero aver patito il salto.

Il fallimento di Giuntoli (ed è secondo me il motivo per il quale è stato cacciato) riguarda i rapporti (anche personali) con gli allenatori, rapporti si fallimentari sia con Allegri che con Motta (mai tutelato).

Riguarda i rapporti con gli altri dirigenti (eccetto Scanavino) non mi risulta che abbia fatto gruppo con gli altri manager e una rivoluzione radicale che non poteva essere digerita in un anno. Non si possono cambiare oltretutto 16 giocatori in una squadra e pretendere che sia subito competitiva.

Comolli: il progetto adattato all’identità

Comolli ha idee, in teoria, affascinanti ma bisognerà capire se avrà lui la forza e il coraggio di poterle applicare e se gliele faranno applicare tutte, di sicuro applicarle in modo radicale ed estremo in un anno sarebbe forse deleterio.

L’aspetto che mi piace è che sia un sostenitore non del progetto a tutti i costi, ma del progetto adattato all’identità del club. Potete chiamarla identità, potete chiamarla coerenza storica, quello che volete. In realtà, può essere un metodo furbo per far passare le cose per gradi.

Bisognerà capire se la struttura più orizzontale funzionerà: dipenderà molto dall’intelligenza delle persone, dalla smania o meno di potere personale. Chiellini, da questo punto di vista, si giocherà la carriera, nel bene o nel male.

La rivoluzione parte dal vivaio, il modello Cruijff

Le idee di Comolli sono rivoluzionarie e partono dal settore giovanile. Al Tolosa ha investito tantissimo sull’Accademy e quando ha lasciato la società viola, l’eredità è preziosa con 19 giocatori nazionali tra l’Under 15 e l’ Under 21 francese.

Si ispira al metodo che Johann Cruijff ha applicato prima all’Ajax e poi al Barcellona: la prima squadra dovrà avere un modulo stabile e tutte le squadre del settore giovanile lo stesso modulo. Un fatto che nel breve periodo potrebbe portare dei problemi ma nel lungo benefici, perché ogni giocatore promessa dal passaggio alle giovanili alla Next Gen e poi alla prima squadra avrà già dei punti di riferimento e dei binari consolidati. Cruijff non è stato solo uno dei più grandi calciatori della storia ma anche uno degli intenditori di calcio più profondi.
Naturalmente il progetto deve essere però adattato all’identità della Juventus.

Perché Tudor e… Marco Silva

E’ possibile che per sano pragmatismo scelga Tudor (che rispecchia anche lui in un certo modo un gioco anche con un pizzico di juventinità con attenzione anche alla fase di non possesso), ma non è un caso che la sua prima scelta sia Marco Silva. Per caratteristiche rispecchia molto un’identità tattica bianconera però evoluta al 2025. Il portoghese non è un catenacciaro ma fa della gestione di non possesso una delle sue armi più affilate. Ma di lui ne riparleremo, visto che ho la fortuna di aver visto diverse partite delle sue squadre.

Ma su Comolli ritorneremo con mille curiosità per scoprire il personaggio insieme e la sua visione più moderna e europeista del calcio.

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